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Gabriele Nuzzo

di Dina Lauricella

Il Ponte dei "Miracoli" SICILIA - CALABRIA: una strada per l'EUROPA.
Un progetto che si prefigge di entrare a far parte della storia e mira a stravolgere il sistema dei trasporti e l'economia del Mezzogiorno. 10mila lavoratori per 10 anni.

"Un’impresa seconda solo allo sbarco dell’uomo sulla luna", è così che il presidente della società "Stretto di Messina" (che vede unite Iri, Ferrovie dello Stato, Anas e regioni Sicilia e Calabria) Nino Calarco giudica la realizzazione del ponte che dovrebbe unire l’Isola alla Penisola. Il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha di recente dato il suo benestare per l’avvio ai lavori, si attende solo il parere del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) sul rapporto tra costi e benefici.

Un ponte destinato a entrare a far parte della storia, un ponte che stravolgerà l’economia del mezzogiorno e che ci porterà in Europa - secondo quanto emerso dagli studi fatti dalla Società Stretto di Messina - velocizzerà il traffico dei treni, smaltirà un traffico di 90mila auto nelle 24 ore, resisterà a un sisma superiore al 10° grado della scala Mercalli, affronterà venti con velocità superiori ai 216 km orari, darà lavoro a 10mila persone, rimarrà indenne all’esplosione di un ordigno nucleare, sconvolgerà l’attuale sistema dei trasporti. Più che un ponte un miracolo!

Ma può davvero, il ponte da solo, permettere a due regioni tra le più povere d’Italia di "avvicinarsi" all’Europa? Saranno poi tanti di più, rispetto ad oggi, i turisti che decideranno di arrivare in Sicilia in macchina sapendo che alla fine del ponte c’è una lunga e tortuosa statale che li porterà a Palermo? E che dire dell’autostrada Messina-Siracusa che si ferma a Catania? Ed ancora, in che misura velocizzerà il traffico dei treni se su 1445 km di rete ferroviaria siciliana solo 106 sono a doppio binario e l’alta velocità si ferma a Napoli?

"Sono tutti lavori che dovranno avvenire contemporaneamente alla costruzione del ponte altrimenti rischiamo di fare un’opera isolata" dichiara la società "stretto di Messina". Un rischio troppo probabile che non si può trascurare. Il contratto di programma tra lo Stato e le Ferrovie ha già stabilito che i lavori di raddoppiamento dei binari sono necessari ma non sono ancora stati finanziati, ad esclusione di piccoli tratti come la Messina-Milazzo. Per la Messina-Palermo occorrerebbero 3.500 miliardi e per la Messina-Catania 1.300 miliardi. Attualmente dallo stretto transitano 81 treni al giorno, con i doppi binari non si arriverebbe neanche a raddoppiare questa cifra, rimarrebbe sempre il problema dell’alta velocità; troppe cose dovrebbero avvenire contemporaneamente per poter davvero parlare di "sconvolgimento dell’attuale sistema dei trasporti".

Sebbene la costruzione dell’opera determinerà un’occupazione di 10mila addetti per 10 anni bisogna anche tenere in considerazione che la società pubblica e quella privata che gestiscono i traghetti dello stretto rappresentano una fonte non indifferente di posti di lavoro che potrebbero essere messi a rischio. A conti fatti, e bisogna farli tenuti conto gli elevati dati di disoccupazione delle regioni Sicilia e Calabria, meglio 10mila lavoratori per 10 anni o garantire chi già lavora ed ha diritto di continuare a farlo?

Domande lecite che non vogliono portare alla distruzione ma alla costruzione. Il ponte potrebbe portare grandi vantaggi a tutto il meridione oppure potrebbe semplicemente essere un grande monumento tra due Regioni che già di monumenti ne hanno tanti ma dove ancora mancano le scuole, gli ospedali, le autostrade, il verde e, spesso, anche l’acqua.

Si al ponte come bacchetta magica per risvegliare la Sicilia dall’incantesimo dell’immobilismo, no al ponte come slogan verso un’Europa che non ci aspetta e che così come siamo non ci vuole neanche.

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