14 dicembre 1998

 

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Prima Pagina è un servizio di Albaria per evidenziare alcuni avvenimenti che corredati da immagini fotografiche potranno essere in seguito pubblicati anche sulla rivista Albaria Magazine

 

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Albaria Magazine
Pubblicazione iscritta il 26/03/1983 al n.10 del Registro della Stampa presso il Tribunale di Palermo Direttore:
Vincenzo Baglione
Tutti i diritti sono riservati
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psbacchi1.gif (15792 byte) Le Favole di Geraldine Piazza
FAVOLE AD HOC
Avete mai pensato di regalare una favola alla persona che amate? ...amici, parenti, mogli, amanti, vicini, portieri, salumieri...
Una favola appositamente pensata?
Qualcosa di originale e veramente unico?
Con queste parole Vi presentiamo il sito Gerafavole che Vi porterà nel fantastico mondo delle favole.

Geraldine Piazza scrive per divertimento favole su misura. Basta fornirle un paio di parole e lei grazie alla sua spiccata creatività butta giù una favoletta che regala attimi di felicità"
Potete contattare l'autrice delle stupende favole al seguente indirizzo di posta elettronica: geraldin@tin.it

Ecco un esempio.
Tante altre potete trovarle al seguente indirizzo:

http://space.tin.it/lettura/psbacchi/gerafavole

Favola per Mondello
CONCETTA E COLAPESCE
Tanti, ma tanti e tanti anni fa, viveva una bellissima fanciulla; aveva dei lunghi capelli neri, pieni di onde, e degli occhi profondi, di un blu intenso, in cui ci si poteva specchiare; i suoi vestiti erano di foglie
intrecciate e per ripararsi dal sole cocente usava un cappello di foglie di palma.
Si chiamava Concetta e abitava alle falde di un monte di roccia grigia, che in ogni nicchia accoglieva un fico d'india, un'agave o un lentisco; doveva stare molto attenta quando camminava a piedi nudi per i
viottoli, perché vi erano spuntoni aguzzi ovunque. Le sue giornate trascorrevano in modo un po' monotono: raccoglieva frutta per il pranzo, esplorava nuovi anfratti e osservava gli uccelli che abitavano
gli alberi sotto i quali dormiva, quando, un pomeriggio, mentre il sole stava andando a morire dietro la montagna, sentì un rumore. Mai le sue orecchie avevano percepito un simile suono.
Ecco! di nuovo, come un lamento lontano.
Senza neanche rendersene conto cominciò a camminare, seguendo il richiamo, e dopo aver attraversato un tunnel scavato nella roccia davanti a lei si spalancò un nuovo paesaggio. Un'enorme massa d'acqua, agitata e rombante, si rompeva sulla riva con una pioggia di mille goccioline di schiuma.
Ma cos'era mai quella? La fonte in cui lei si lavava, ogni giorno, non aveva mai fatto una simile baraonda, ma sopra ogni sua riflessione ecco! di nuovo quel suono, in mezzo agli schiamazzi di quel mare
in tempesta.
Con enorme cautela si avvicinò alla riva, camminando sulle punte dei piedi in mezzo agli scogli, quando lo vide: uno strano essere, dal fisico lungo e lucido, con la bocca stretta e a punta, come quella di un
uccello, e dagli occhi dolcissimi che la guardavano supplicandola. Aveva il corpo squarciato da larghe ferite. "Forse viveva in quell'acqua e dopo un bisticcio lei lo ha scagliato sopra le rocce appuntite - pensò Concetta - e come lo aiuto, adesso?" Ma gli occhi di quel delfino non lasciavano spazio al timore, e Concetta, pur se impaurita da quegli spruzzi, si decise e scese a raccoglierlo fra le sue braccia.
Con grande fatica lo portò alla sua fonte ed adagiandolo nell'acqua corse a cercare quelle erbe con cui si curava dai graffi dei rovi.
Ci volle del tempo e molta pazienza, ma ne aveva da vendere e su tutti i sentimenti prevalse l'affetto verso quell'animale così strano.
Si chiamava Cola ed era un giovane maschio di bell'aspetto, che aveva preferito vivere da pesce, libero, nel mare, invece di restare nel suo paese in mezzo a uomini pieni di ambizioni e cattiverie. Aveva nuotato in lungo e in largo ed era sempre più convinto della sua scelta. No. Non sarebbe tornato indietro, anche se la bellezza di questa fanciulla lo tentava dal rivelarle ogni cosa.
Finalmente guarì, e Concetta, che ormai amava Cola, di un amore tenero e disinteressato, decise di andarlo a riportare dove lo aveva preso.
Percorse nuovamente la stradina che passava dal tunnel di pietra, ed arrivò a quel mare per lei sconosciuto.
Adesso era tutto diverso, il sole era alto nel cielo, e quell'acqua era quieta e trasparente, come quella della sua fonte. Concetta pian piano scese sulle rocce e cercando un varco in quella costa così aspra portò il suo Cola in una caletta.
Lì accadde l'imponderabile, lui la guardò e le fece una proposta: "Vieni con me, a nuotare libera, lontana da ogni pensiero, presto vedrai, anche nel tuo rifugio, qualcuno arriverà a turbare la tua pace, e tu non avrai scampo". A Concetta si riempirono gli occhi di lacrime, sentiva che Cola diceva la verità, ma era attaccatissima alla sua terra e non voleva andar via per sempre.
Allora il delfino le diede una prova della sua magnificenza. "Aspetta - le disse - tu potrai tornare sul tuo monte quando lo vorrai, e per aiutarti prenderò tutte le conchiglie del mare, le sbriciolerò al posto di
queste rocce per aiutarti a risalire dalle acque più facilmente" e così detto in un istante trasformò quella costa in una distesa bianca di sabbia finissima che lentamente degradava nell'acqua cristallina.
Concetta non credeva ai suoi occhi. Davanti a lei si apriva un golfo di rara bellezza, circondato da montagne ed alberi e cespugli verdissimi, con questo arco di sabbia quasi irreale che si tuffava nel mare turchese.
Cola le aveva fatto un regalo meraviglioso, e voltandosi a guardarlo lo vide, ritto, in equilibrio sulla coda, con il corpo fuori dall'acqua e gli occhi che ridevano. La aspettava, ed a lei non restò altro che tuffarsi
per raggiungerlo.
E se ancora oggi andate, al tramonto, in riva a quella spiaggia, potrete vederli, Cola e Concetta, che giocano rincorrendosi in mezzo al golfo, per poi avvicinarsi alla riva, non visti, a controllare che quegli uomini, da cui entrambi erano fuggiti, non facciano troppi scempi in quel luogo da loro tanto amato.