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IL TRAMONTO DEL PALERMO NEL CALCIO

Tedesco, Vasari ed altri: energie perdute.
Per riempire il nuovo palazzetto, in cantiere l’acquisto di un titolo di serie A.

Gennaio 1996, il Palermo dei palermitani è in testa in serie B e sogna la serie A; primavera 1998 la squadra rosanero annaspa nei bassifondi della C-1 per evitare una seconda retrocessione. Intanto, quei giocatori che avevano esaltato, e poi deluso, la gente della Favorita accarezzano altri successi lontano dalla Sicilia. Giacomo Tedesco, il figlio del custode del Malvagno, e Francesco Galeoto, che faceva il marmista al cimitero, hanno ormai portato in serie A la Salernitana, capitale del calcio del Sud dopo la retrocessione di Napoli. Giorgio Lucenti settepolmoni gioca con buon rendimento in serie A nell’Empoli. Gaetano Vasari, il figlio del barbiere del Borgo Vecchio, sta andando in serie A assieme al Cagliari. Un patrimonio disperso in tutta Italia, come e più degli anni passati: Totò Schillaci, finora il numero 1 dei calciatori nati a Palermo, non ha mai indossato la casacca rosanero.

E’ rimasto, sulla barca in tempesta, Ignazio Arcoleo, il figlio di pescatori di Mondello, il profeta e l’artefice di questo sogno oggi sbiadito, di far grande Palermo con il sudore dei suoi calciatori, cresciuti giocando a pallone nelle piazze delle borgate, sui campi sterrati di periferia, sul fango marrone o il tufo giallo, quei campi che sono scomparsi, uno dopo l’altro, perché non rendevano. L’inizio era stato folgorante. In luglio, mentre tutto il mondo del calcio era al mare in vacanza, nella nazione delle lotterie e della Tv, dove, per troppe, persone lavorare stanca, Ignazio Arcoleo sudava sotto il solleone per insegnare calcio ai suoi ragazzi più giovani. Il resto fu una conseguenza: scoprire che il lavoro paga, la squadra che entusiasma, lo stadio della Favorita che torna a riempirsi, l’orgoglio dei palermitani che si identificano in questa squadra dopo anni di mercenari non sempre, come si dice, attaccati alla maglia. E, intanto, Arcoleo portava la squadra negli ospedali, nelle carceri e nei centri sociali e progettava un centro sportivo per i ragazzi di strada...."Qui non abbiamo bisogno - diceva - di crescere senza basi ma di passioni creative, di amore per il lavoro, di aiuti politici, di progetti. Lo sport sopravvive dove ci sono risorse umane e valori forti, dove la gioventù ha uno sfogo".

Adesso tutto questo è dietro le spalle. Nel Palermo giocano ancora tanti palermitani ma di livello inferiore, senza entusiasmi. la squadra ha perso l’affetto della gente. Il rischio, adesso è un altro: di credere che la strada giusta sia la vecchia, e cioè, che sperperare in giocatori spesso meno bravi di quelli siciliani (quanti Pocetta sono nati nell’Isola?) convenga.

L’Inter con i petrolmiliardi di Moratti può comprarsi Ronaldo, giocare con otto stranieri e mettere nella sua rosa un solo milanese (Beppe Bergomi). Qui non si propugna l’autarchia sicula, che tanti toscani intelligenti come Cecconi vengano ancora a indossare la maglia rosanero alla Favorita, ma di scegliere un modello. Puntare tutto sul mercato del calcio, con casse sociali spesso vuote, potrà portare a risultati effimeri; per costruire risultati eccellenti nel tempo, una scalata dei campionati, servono solide basi e in Sicilia vi sono migliaia di potenziali campioni del calcio, altri Tedesco e Vasari da scovare e da lanciare.

A proposito di modelli sportivi, pensiamo al palasport che sta sorgendo, dopo una trentennale attesa, finalmente, a Fondo Patti. Per riempirlo c’è il progetto, sostenuto dal Comune, di incoraggiare un soggetto, ancora da definire, a comprare un titolo di serie A di basket o di pallavolo maschile e portarlo a Palermo. Ben venga lo sport-spettacolo in città ma i costi di questa operazione, sono altissimi e, se dopo una stagione, il finanziatore esterno si stuferà non rimarrà più niente. Oggi in questi due sport Palermo è in serie C. Un’intera generazione di giocatori degli anni Settanta, dal cestista Lima ai pallavolisti Cappellano, Simone, Speziale, per ricordare solo alcuni nomi, è rimasta priva di eredi. Senza l’apporto di giocatori e dirigenti palermitani, che dovranno crescere stagione dopo stagione, non si potrà andare lontano.


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