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IL RESTAURO
SCIENTIFICO "del tardo Liberty orientaleggiante" |
Una
nuova malta ha restituito le antiche forme allAntico
Stabilimento simbolo di Mondello, costruito in cemento armato ed
inaugurato dalla Società Italo-belga il 15 luglio del 1913.
Cambia volto l'antico Stabilimento di Mondello, o meglio, lo
riacquista. Così i palermitani scopriranno che uno dei monumenti
più noti della città, facente parte dell'immaginario
collettivo, avrebbe dovuto avere, da sempre, un aspetto ben
diverso da quello cui erano abituati. Non che le sue forme
manchino, già di per sè, di originalità, perchè appartengono,
come vedremo, ad uno stile piuttosto complesso, oltre che
spettacolare, ma il colore originale non è quell'avorio
sbiadito, che si vedeva da anni, ma un giallo oro molto solare,
ravvivato da decori policromi.
Per qualcuno, l'impatto con questo nuovo aspetto, che, poi, è,
in realtà, quello antico, potrà anche risultare traumatico, ma
l'opera degli abili decoratori, incaricati di eseguire il lavoro,
giunge, in ogni caso, al termine di una febbrile opera di
restauro della malta esterna, che dura da un paio d'anni.
L'intervento, voluto dalla Società Italo Belga, da sempre
proprietaria dell'immobile, con il parere favorevole della
Sovrintendenza ai monumenti, si è reso necessario perchè
l'edificio non si perdesse sotto la corrosione dell'ambiente
salino. La nuova malta, oltre ad avere un aspetto compatto e
resistente, ha restituito forme e disegno agli antichi fregi,
pinnacoli, cupolette ed acroteri di cui lo stabilimento è ricco.
Lo stile dell'edificio, come tiene a precisare l'ingegner Umberto
Di Cristina, che ha affiancato l'ingegner Vicio Castellucci nel
laborioso lavoro di restauro, merita qualche riflessione. Non è
un semplice Liberty, come molti lo hanno definito
superficialmente. Vi è chiara una serie di riferimenti
orientaleggianti. Per questo, potremmo definirlo un "tardo
Liberty orientaleggiante", ma più esattamente si rifà allo
Jugend stile, che è la versione germanica del Liberty. Vi
prevalgono, infatti, linee più rette rispetto allo stile che
siamo abituati a vedere in Italia.
Attorno al 1913, anno di inaugurazione dello stabilimento,
l'evoluzione dei tempi aveva portato ad una sorta di corsa o di
moda verso il soggiorno balneare in tutta Europa. Iniziative
similari, in uno stile che venne elaborato in modo parallelo, si
moltiplicarono nelle più importanti città marinare. Così, si
ebbero edifici simili a Deauville, Scheveninger, Brighton,
Biarritz, San Sebastiano, Nizza e via dicendo. Lo stabilimento di
Mondello è uno degli edifici sopravvissuti e, come tale, può
essere considerato prezioso.
La progettazione venne affidata dalla Società Italo Belga, che
si era sovrapposta alla precedente società Le Tramway de
Palerme, all'architetto Rudolph Stualker, che era allora
stabilmente alle sue dipendenze ed eseguì i disegni originali.
La costruzione venne affidata, invece, all'impresa di Giovanni
Rutelli, padre dello scultore Mario.
Lo stabilimento avrebbe dovuto far parte di una serie di edifici,
che comprendeva un kursal-casinò, un hotel ed una chiesa, oltre
a circa trecento villini la cui realizzazione venne affidata ad
alcuni giovani e validi architetti palermitani, fra cui Caronia
Roberti, Nicolò Mineo ed Ernesto Basile. Non tutte le opere
procedettero velocemente, anche perchè i villini si vendettero
lentamente, in quanto Mondello era stata da poco bonificata dalla
malaria, sia pure con pieno successo, dal Genio civile di
Palermo. Così, lo stabilimento, grazie ai suoi grandi saloni,
fece anche da kursal, cioè da locale adatto ad ospitare
avvenimenti mondani, premiazioni, aperto alla noblesse
palermitana ed agli ospiti internazionali. Ma la vocazione di
queste costruzioni sul mare era, sin dall'inizio, decisamente
sportiva con riferimento non solo alle attività marinare, ma
anche a quelle dell'immediato entroterra, come l'equitazione, il
golf e tutte le attività sportive che allora stavano per
decollare. Occorre tener presente, comunque, che lo sport,
allora, era riservato, più che altro, a chi poteva
permetterselo. Quindi, non strideva con la mondanità.
Ed i colori? "Abbiamo fatto una ricerca documentata",
affermano gli ingegneri Di Cristina e Castellucci,"per cui
l'attuale restauro può essere definito un rifacimento
scientifico. I colori usati sono quelli che abbiamo trovato
scavando nei molti strati di intonaco, che si erano sovrapposti.
C'è il blu oceano, che abbiamo rinvenuto ben conservato, ma si
trovava già nelle mattonelle, che erano ancora visibili, ed il
rosso ruggine. Questo è un colore tipico della Palermo anni 30,
ottenuto da una terra naturale di Boccadifalco e chiamato rosso
Zona, dal nome dell'ingegnere che più lo usò. Noi lo abbiamo
riprodotto con colori sintetici a base di silicati, che contiamo
di veder resistere adeguatamente al salino. Non può dirsi,
infatti, che i colori originali, per quanto belli ed in stile,
abbiano dato buona prova".
Al contrario, si può dire, invece, della struttura, che fu
eseguita, all'avanguardia in Europa, in cemento armato e resiste
in bellezza al tempo, concedendoci di poter fruire, come nuovo,
di questo storico e spettacolare edificio sul mare.